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Gio Ponti e la Richard-Ginori

Negli anni in cui è direttore artistico della Richard-Ginori, Ponti segue ogni aspetto della vita del prodotto, dall’ideazione alla promozione e vendita, aprendo la strada allo sviluppo del design italiano.

Per l’esordiente Ponti la Richard-Ginori è un luogo di formazione; un’esperienza attraverso la quale matura il suo primo pensiero sull’industria, sull’arte decorativa e sull’arredo domestico, non solo ceramico; un’avventura che lo appassiona, svelandogli strada facendo anche la sua vocazione di promotore delle arti, preludio alla fondazione della rivista Domus.

Convinto sostenitore della produzione seriale di alta qualità, alla Richard-Ginori Ponti interpreta il ruolo di direttore artistico con eccezionale sensibilità anche per tutto ciò che riguarda l’identità del marchio e la presentazione del prodotto. 

Gio Ponti, lettera con disegni per i nomi dei decori da abbinare alle marche, 1924, Archivio Museo Ginori, particolare

Per quantità, qualità e coerenza della produzione non esiste un caso paragonabile a quello di Gio Ponti nel panorama della ceramica Déco. La vastità dell’assortimento è resa possibile dall’incontro tra il talento del giovane architetto e un colosso industriale quale era la Richard-Ginori al tempo.  Ponti si occupava solo delle ceramiche d’arte, ma l’azienda nel 1922 aveva cinque stabilimenti e produceva tutte le tipologie di articoli in ceramica, dagli isolatori elettrotecnici alla terraglia forte più economica. Nelle 160 pagine del catalogo Ceramiche moderne d’arte edito nel 1930, che raccoglie una selezione  dei prodotti realizzati su disegno di Ponti nei sette anni  più intensi della sua direzione artistica - sono illustrati circa duecento modelli e trecentocinquanta decori.

Gio Ponti, marca di Doccia, dalla copertina del catalogo Ceramiche moderne d’arte, Milano, 1930

Gio Ponti, marca di Mondovì, dalla copertina del catalogo Ceramiche moderne d’arte, Milano, 1930

Gio Ponti, marca di S. Cristoforo, dalla copertina del catalogo Ceramiche moderne d’arte, Milano, 1930

Questa superproduzione si spiega non solo con la prorompente vena creativa di Ponti e il pungolo incalzante delle biennali di Monza e di altre mostre coeve, ma anche con la sua apertura alla collaborazione con altri artisti e con la sua volontà di diversificare l’offerta per raggiungere un pubblico sempre più ampio. È costante, nel suo lavoro, l’impegno nel creare un catalogo organico completo, capace di soddisfare tutte le esigenze e di offrire anche articoli poco usuali, come i porta-menu a erma o gli alberelli portafiori per decorare la tavola.

Ponti ridisegna in chiave moderna motivi della tradizione italiana, dall’archeologia all’architettura, a cominciare dal repertorio della stessa manifattura Ginori. A guidarlo non è il gioco della citazione fine a se stessa, ma la volontà di creare uno stile con un’identità inconfondibilmente italiana, che renda le sue ceramiche uniche e competitive sul mercato internazionale. La sua capacità di instillare vita nuova in un soggetto antico - non importa se derivante da un bronzo, da un mosaico, da un affresco o da una moneta - è immancabilmente sorprendente. Ponti sintetizza i contorni delle figure e ne dinamizza le pose con sapienza da coreografo e tesse trame architettoniche dalle cromìe raffinate che, con insuperabile leggerezza, organizzano le superfici come immaginarie scenografie metafisiche.  Alle sue invenzioni assegna titoli suggestivi, evocando situazioni, personaggi e luoghi riconducibili a una comune eredità culturale, ma indiscutibilmente originali. Il suo genio onomastico e l’ironia dei titoli (le oscure martiri paleocristiane Apollonia, Emerenziana e Balbina ispirano ad esempio alcuni dei nomi scelti per Le mie donne) sono un ingrediente essenziale del fascino delle sue ceramiche. 

Gio Ponti, Vaso delle donne e delle architetture, maiolica, 1924

Gio Ponti, Vaso delle donne e delle architetture, maiolica, 1924

Le porcellane di Ponti hanno forme semplici e superficie liscia, la più adatta ad accogliere decori figurati; alcune idee grafiche possono diventare motivi in rilievo, soprattutto per le terraglie e il grès di S. Cristoforo, ma in generale l’architetto predilige forme che pongano meno vincoli possibili all’applicazione dei suoi disegni, spesso concepiti come famiglie scomponibili e adattabili a oggetti diversi come La conversazione classica e La passeggiata archeologica

Gio Ponti, Grande vaso La Conversazione classica, maiolica, 1924

Gio Ponti, Vaso a doppio collo con figura da La Conversazione classica, porcellana, 1927 circa

Gio Ponti, Urna La passeggiata Archeologica, porcellana, 1924

Per realizzare tutto ciò Ponti si affida alla maestria dei tecnici e dei decoratori e all’esperienza di Luigi Tazzini (1871-1938), responsabile del settore artistico di Doccia, a cui dà istruzioni precise. A lui è indirizzata la maggior parte delle lettere di Ponti conservate presso l’Archivio del Museo di Doccia, alle quali sono allegati disegni o semplici schizzi che Tazzini impiega per far eseguire prototipi e campioni. 

Gio Ponti, Lettera a Tazzini sul decoro Labirintesco, 6 luglio 1926, Archivio Museo Ginori

Gio Ponti, portasigarette Labirintesco, porcellana, 1929 circa

Gio Ponti, Lettera a Tazzini sul decoro Labirintesco, 6 luglio 1926, particolare

Gio Ponti, Lettera sul decoro Ippica, 12 gennaio 1929, Archivio Museo Ginori

Gio Ponti, Coppa Fantini (o Ippica), porcellana, 1929, Museo Ginori

Gio Ponti, Posacenere con decoro Fantini (già Ippica), porcellana, 1930 circa

Riguardo ai piatti della serie Le mie donne, il 15 maggio 1924 Ponti scrive"Le architetture tocchino pure un po' le nubi, non sta male" 

Gio Ponti, Piatto Donatella su nubi, maiolica,  1925 circa

Non mancano raccomandazioni per Vittorio Faggi, il miglior pittore di maioliche: 

“faccia le architett[ure] di fondo del piatto ben contrastate ed anche con ombre rigate (alla maniera del fogliame del vasone in galleria)” [5 maggio 1924].  

Periodicamente Ponti si reca a Firenze da Milano e verifica di persona la riuscita delle sue idee, apportando le eventuali modifiche e richiedendo nuove prove fino ad arrivare al risultato voluto. Talvolta accoglie i suggerimenti di Tazzini, come nel caso della decorazione dei manici della bomboniera Omaggio agli snob: 

"meglio quella da lei fatta per Parigi con manico bianco e oro che quella da me ordinata con manici tutto oro. Quindi le ripetizioni farle come quella di Parigi” [19 maggio 1925].

Gio Ponti, Bomboniera Il balletto (o Omaggio agli snob), porcellana, 1925 circa

Per la modellazione dei gruppi scultorei Ponti coinvolge giovani artisti amici, come Salvatore Saponaro (1888-1970) e Fausto Melotti (1901-1986), con cui entra in contatto nel vivace ambiente artistico milanese di quegli anni; per la produzione di Doccia si rivolge agli allievi della classe di scultura del Regio Istituto d’Arte di Firenze, guidati dal maestro Libero Andreotti, e dal 1926 soprattutto a Italo Griselli (1880-1958). Quando gli è possibile segue personalmente le varie fasi di creazione dei modelli:

“domenica sono a Firenze alle 7 e 30; alle 9 sono dallo scultore Griselli; [...] nel pomeriggio ancora da Griselli se occorre o in qualche museo; lunedì sarò da voi a Doccia e ripartirò lunedì sera” [3 dicembre 1926]

Altre volte è Tazzini che gli riferisce dell’avanzamento dei lavori:

“Ieri sera ho fatto visita all'amico Griselli; il Pierrot è molto bello e anche il cervo è del tipo griselliano molto bello; ha preparato anche un gruppo della caccia al cervo […] tutti questi lavori sono in plastilina ora verranno riprodotti in gesso e ritoccati finemente” [30 agosto 1929].

Piccole sculture in porcellana  sono riprodotte in serie e offerte a prezzi accessibili;  secondo un tariffario del 1930, ad esempio, L’uva della terra promessa, modellata da Italo Griselli su disegno di Ponti, era disponibile a 127 lire  per la versione bianca e a 169 lire per quella con lumeggiature in oro.

Gio Ponti e Italo Griselli, L’uva della terra promessa, 1927 circa, porcellana, h. 23,6 cm

L’attenzione per il prezzo emerge spesso nel carteggio, in particolar modo dopo il 1925, quando Ponti comincia a progettare originali pressacarte di piccole dimensioni (il modello a libro, ad esempio, costava 12,75 lire) e a pensare a decori semplici da applicare a boli, posaceneri, calamai, portasigarette e altri oggetti di facile vendita. Nella stessa ottica studia varianti più semplici di decori già esistenti, come il vaso Velesca, originariamente dotato di una ricca rifinitura al piede e all’interno e poi riformulato con più parsimonia.

Gio Ponti, Fermacarte a libro Istoria delle sirene, porcellana, 1929 circa

La prima versione del vaso Velesca in un’illustrazione tratta dal catalogo Ceramiche moderne d’arte del 1930, Archivio Museo Ginori

Gio Ponti, Vaso Velesca, porcellana, 1927 circa

Ponti si preoccupa anche che gli oggetti presentati alle esposizioni siano disponibili per la vendita e pronti in esemplari sufficienti per essere inviati ai negozi. 

Lavoratore infaticabile, segue ogni aspetto della vita del prodotto, dall’ideazione alla promozione e vendita, convinto che il legame fra arte e industria sia una condizione necessaria per la creazione di uno stile e di un gusto veramente moderni.  La sua esperienza diventerà un modello di riferimento per gli anni a venire, aprendo la strada allo sviluppo del design italiano. 

Consigli di lettura

  • A. Pansera, Paolo Portoghesi, Gio Ponti alla Manifattura di Doccia, Milano 1982
  • L. Manna, Gio Ponti. Le maioliche, Milano 2000  
  • Gio Ponti. Il fascino della ceramica / Fascination for ceramics, a cura di D. Matteoni, Cinisello Balsamo (Milano) 2011
  • Gio Ponti e la Richard-Ginori:  una corrispondenza inedita, a cura di Livia Frescobaldi, Oliva Rucellai, Mantova 2015
  • Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia / The collection of the Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, a cura di Livia Frescobaldi, Maria Teresa Giovannini, Oliva Rucellai, Falciano 2019

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