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Richard-Ginori 1950

L'epilogo della collaborazione di Gio Ponti con la Richard-Ginori in un estratto del saggio scritto da Oliva Rucellai per il catalogo della mostra del MIC di Faenza "Gio Ponti. Ceramiche 1922-1967".

L’amore di Ponti per la ceramica nasce con la direzione artistica Richard-Ginori, ma continua con fervore inesauribile per tutta la sua carriera. Lo stesso legame, anche affettivo, con l’azienda permane negli anni molto forte. Dopo le dimissioni, presentate alla vigilia della Triennale del 1933, nel 1935 Ponti ritorna a Doccia, in occasione della rassegna L’art italien des XIXe et XXe siècles, per realizzare le famose mani, le bottiglie fiorite e altri pezzi unici prontamente pubblicati su “Domus” con onore agli esecutori Radames Brettoni ed Elena Diana. Nel dopoguerra proprio la richiesta di alcuni di quei pezzi per una mostra organizzata nel 1949 dalla Galleria Annunciata a Milano, sarà l’occasione per riprendere contatto con la direzione della società e ritornare dove tutto era cominciato.

Gio Ponti, Mano fiorita, 1935, porcellana e oro, h 33,6 cm, Museo Ginori

Gio Ponti, Mano di Dafne, 1935, porcellana e oro, h 33,6 cm, Museo Ginori

Gio Ponti, Mano fiorita, 1935, porcellana e oro, h 34,5 cm, Museo Ginori

L’episodio è marginale nella biografia di Ponti, ma è significativo perché rivela la difficoltà della Richard-Ginori ad aggiornare la direzione artistica nel contesto di eccezionale vitalità della scena italiana tra fine anni quaranta e inizio anni cinquanta, quando personaggi del calibro di Lucio Fontana, Fausto Melotti, Leoncillo, Agenore Fabbri e tanti altri trasformano profondamente i codici espressivi della ceramica. Di fatto l’azienda, impegnata in un vasto programma di riorganizzazione interna che include tra l’altro l’apertura di un nuovo stabilimento a Sesto Fiorentino, aveva rinunciato alla ricerca in campo artistico e si avvia verso la dismissione della linea delle ‘ceramiche moderne d’arte’ creata da Ponti quasi trent’anni prima.

Nell’aprile del 1949 Gio Ponti risponde entusiasta all’invito a tornare a collaborare e alla fine di settembre riceve l’incarico, firmato dal presidente Raimondo Visconti di Modrone, per una consulenza della durata di un anno. Ponti si assume il compito di sovrintendere al ripristino di una direzione artistica che sia all’altezza del nome e del ruolo che a suo parere la Richard-Ginori, per la sua gloriosa tradizione, deve continuare a svolgere anche dopo la fine del suo mandato.

Per quanto riguarda la produzione da tavola di serie, Ponti lavora innanzitutto sul repertorio esistente, riordinando, eliminando quanto ritiene obsoleto e riesumando quanto può essere ancora attuale. Tuttavia le sue proposte, forse perché troppo moderne o sofisticate, non sembrano aver avuto seguito nella produzione di serie.

Vetrine “per la più bella ceramica italiana” 

Una novità e un punto importante del programma di rilancio di Ponti è l’acquisto di opere di ceramisti italiani contemporanei, sia per il Museo di Doccia che per la vendita nei principali negozi Richard-Ginori. Visconti di Modrone autorizza Ponti a realizzare il progetto. Il 25 ottobre Ponti scrive a Visconti di Modrone che “I pezzi del museo serviranno per il Museo ma anche per le fabbriche per far capire tante cose subito”.

Uno dei pochi nuovi decori per la tavola realizzati nel 1950 dalla Richard-Ginori con la consulenza di Ponti è quello con Case di Capri, su disegno di Cesare Lacca. Per gentile concessione di Cambi casa d'aste, Genova. 

Il valore formativo delle opere dei ceramisti contemporanei è essenziale. Ponti è convinto che chi lavora negli stabilimenti Richard-Ginori debba conoscere quanto avviene al di fuori delle mura della fabbrica, per poter coadiuvare la direzione artistica nel rinnovamento della linea delle ceramiche d’arte. Allo stesso scopo propone l’eventuale acquisto di oggetti antichi e di libri come “ad esempio la monografia a colori di Skyra [sic] sulle ceramiche di Picasso”.

Una lettera in particolare chiarisce perché Ponti tenesse tanto a rendere disponibili a Doccia esemplari di opere di artisti e ceramisti contemporanei da lui ammirati:

“Dai risultati visti a Doccia posso ormai rassicurarti che per modellare “le mani sono state ritrovate” e che non dovremo più ricorrere a problematici e costosi acquisti fuori, ma abbiamo riconquistato la nostra possibilità di creazione interna. Questo apprentissage artistico è stato miracolosamente rapido. Ma ora dobbiamo entrare in pieno nella superficie ceramica. A Doccia fino ad ora non sanno nulla degli smalti che adoperano Melotti, Leoncillo, Mazzotti, Melandri e Gambone, ed Imola. Occorre assolutamente che Brown si impegni a ciò. Non sottovalutate il reparto maiolica, è di lì che tutta la nostra ceramica riprenderà fiato e vita, e la Richard-Ginori deve rifamiliarizzarsi con la ceramica pura”.

Ponti sottolinea qui tre aspetti tra loro connessi: la ritrovata capacità di modellare la materia con le mani, senza l’uso di forme in gesso, la necessità di sperimentare nuovi smalti e l’importanza della maiolica, che aveva individuato come tipologia caratterizzante dell’identità ceramica italiana. Coerentemente con questa sua convinzione Ponti negli anni venti aveva valorizzato gli smalti vellutati e i colori caldi della maiolica di Doccia ideando appositamente decori dipinti a mano. Tuttavia, vent’anni dopo, il repertorio di smalti che trova disponibile a Doccia, paragonato alle iridescenze, colature e cristalizzazioni di Melandri e Melotti o alla granulosità di Gambone, gli appare del tutto inadeguato.

Cooperativa Ceramica di Imola, Bottiglie dalla collezione Visconti di Modrone pubblicate in “Domus”, n. 244, marzo 1950, p. 31

Le ceramiche fantastiche

Ponti decide allora, per cominciare, di concentrarsi sulla modellazione e di realizzare solo oggetti in bianco. Il suo intento è di sperimentare le nuove idee con campioni fatti a mano risparmiando sui costi di impianto delle forme in gesso, per poi avviare produzioni in serie solo per i modelli i cui prototipi hanno un buon riscontro. Rarissimi esemplari di quella sperimentazione sono conservati al Brooklyn Museum di New York e in poche collezioni private. Ponti stesso le chiama ‘ceramiche fantastiche’ e racconta come sono nate, quasi un esperimento di espressione libera.

Dalle lettere del 13-24 novembre 1950 apprendiamo che dopo averne inviati diversi esemplari oltreoceano per arredare la sala da pranzo ‘simbolica’ della mostra Italy at Work. Her Renaissance in Design Today, Ponti ne aveva ordinate altre per tanti degli arredamenti a cui lavora in quell’anno.

Andrea Parini, ‘Scacchi freudiani’, 1950, maiolica, per gentile concessione Capitolium Art, Brescia

Emergono, in questa serie, la vena fantastica e il lato più giocoso del talento pontiano: le poltrone, i manichini e le donne-uccello richiamano l’immaginario surreale di Alberto Savinio. Riferimenti al mondo di De Chirico, di cui Ponti era amico, sembrano affiorare anche nell’idea degli scacchi freudiani che Ponti suggerisce sia ad Andrea Parini, sia agli artisti di Doccia. Ciò che conta per Ponti è soprattutto che abbiano l’immediatezza della modellazione a mano, unita a un’ingenuità che egli sente più corrispondente alla ricerca espressiva della ceramica contemporanea.

Gio Ponti per Richard-Ginori, Dama uccello, 1949-1950, maiolica, New York, Brooklyn Museum

Gio Ponti per Richard-Ginori, Scacchi freudiani, 1949-1950, maiolica, New York, Brooklyn Museum

Gio Ponti per Richard-Ginori, Scacchi freudiani, 1949-1950, maiolica, New York, Brooklyn Museum

Epilogo

L’incarico di consulenza di Ponti si conclude il 30 settembre 1950 e non solo non viene rinnovato, ma i numerosi ordini delle ‘ceramiche fantastiche’ non possono essere eseguiti perché si è deciso di abbandonare del tutto la produzione di maiolica, imboccando una strada opposta a quella indicata da Ponti. La scelta della direzione centrale è inappellabile e motivata dalla passività del reparto, oltre che dalla difficile situazione creatasi con l’apertura del nuovo stabilimento di Sesto e il ridimensionamento della vecchia sede di Doccia. Ponti costernato insiste, ma gli viene concessa solo la possibilità di attingere a quanto è già pronto in magazzino. Ciò che lo sconcerta maggiormente è la rinuncia da parte della Richard-Ginori a partecipare alla Triennale del 1951 dove è prevista un’ampia sezione dedicata alla ceramica. L’inaspettato epilogo dell’esperienza del 1950 lascia il campo libero alla S.C.I. di Laveno che alla Triennale potrà giocare indisturbata la ‘carta’ Antonia Campi, un asso certamente difficile da contrastare anche per il navigato Ponti.

Negozio Richard-Ginori di Venezia inaugurato nel 1950, da un album conservato nell'Archivio del Museo Ginori, in deposito temporaneo presso Archivio di Stato di Firenze

Se dunque la consulenza di Ponti dal punto di vista della Richard-Ginori di allora fu deludente, a distanza di anni il progetto di dedicare uno spazio alle produzioni contemporanee nel museo e nei negozi del gruppo è forse l’aspetto che colpisce di più per originalità e modernità di visione. Rendendosi conto che la società, sia per motivi contingenti che per i limiti strutturali di una grande industria, non poteva competere direttamente con il linguaggio della nuova ceramica, Ponti aggira l’ostacolo attribuendole una funzione come canale di promozione e vendita. L’idea di una vetrina per l’arte ceramica curata dalla direzione artistica è sviluppata da Ponti non solo a vantaggio degli artisti che avrebbe promosso, o, nel caso del museo, per la formazione del personale interno, ma anche come affermazione del prestigio della Società Ceramica, che avrebbe assunto così il ruolo quasi istituzionale di “madre protettrice e presentatrice della più bella ceramica italiana”. Ponti elabora un prototipo di quello che oggi definiremmo un concept store, elevando il museo aziendale e alcuni punti vendita selezionati al livello di una galleria d’arte, in linea con l’opera di promozione degli artisti italiani che da anni svolgeva attraverso l’arredamento delle navi, l’organizzazione di mostre e la pubblicazione su “Domus”.

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