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Sculture da dessert

Vero e proprio status symbol, le porcellane che nel Settecento decorano la tavola da dessert raccontano il gusto mutevole della committenza e la capacità della Manifattura Ginori di adattarvisi con un tempismo sorprendente.

La presenza di sculture in tavola, soprattutto in occasioni speciali, era in uso almeno fin dal Seicento ed era caratterizzata da una funzione narrativa: in occasione di eventi religiosi si sceglievano rappresentazioni come quella della Via Crucis, mentre per i matrimoni e le ricorrenze l’ispirazione era più evocativa e spesso legata a scene mitologiche.

P. P. Sevin, Apparecchiatura per il banchetto del cardinale Leopoldo de’ Medici, 1667, penna, Stoccolma, Nationalmuseum

Michelangelo Buonarroti il Giovane nella sua cronaca sul matrimonio tra Maria de’ Medici e Enrico IV, avvenuto nel 1600, ad esempio, racconta che la tavola era decorata con bronzetti commissionati al Giambologna, la cui bottega produceva anche traduzioni di sue composizioni in zucchero, destinate al medesimo impiego.

L’uso di abbellire banchetti con sculture effimere in zucchero o in burro si protrasse anche nel Settecento. In quel secolo, le monumentali sculture che si sviluppavano lungo la tavola durante il Seicento furono notevolmente ridimensionate. Continuarono invece a preservare la loro imponenza i gruppi scultorei.

V. Corrado, Il Credenziere di Buon Gusto,  Rappresentazione di un’apparecchiatura da dessert per il mese di maggio, 1778

È a questo contesto che va ricondotta la produzione da parte della Manifattura Ginori di sculture da tavola in porcellana. Così preziosa da essere chiamata “oro bianco”, nel Settecento la porcellana è un vero e proprio identificativo dello status di chi la possiede.  La sua funzione sociale trova esplicazione soprattutto nell’apparecchiatura e, in particolare, in quella da dessert, che diventa ben presto un testimone privilegiato della varietà di generi che caratterizza il gusto del momento.

A questo gusto la Manifattura di Doccia non manca di conferire un’impronta di ‘fiorentinità’, proponendo ‘buffe’ figure caricaturali che riproducono a tutto tondo i Caramogi del disegnatore e incisore Jacques Callot, attivo dal 1611 alla corte dei Medici. Con questa scelta Carlo Ginori non vuole soltanto distinguere la sua produzione da quella delle manifatture coeve, ma intende anche omaggiare la magnificenza del mecenatismo dalla famiglia Medici, giunta ormai al tramonto. Tale intento viene rivelato anche dall’alzata con il tritone che sorregge sulla testa una conchiglia, evidente allusione alle fontane fiorentine commissionate dai Medici e alle composizioni delle botteghe tardo barocche fiorentine, in particolare quella di Giovan Battista Foggini.

Manifattura Ginori, Centrotavola con tritone, porcellana, 1745–1750 circa

Rinfrescatoio da bottiglia con figura di Arlecchino, porcellana, 1750 circa

Rinfrescatoio da bottiglia con figura di Arlecchino, porcellana, 1750 circa

Sensibile alle variazioni delle mode, nel tardo Settecento la manifattura anima i desserts con riduzioni della statuaria antica (talvolta composta in gruppetti), con maschere della Commedia dell’Arte (come quelle di Arlecchino e Arlecchina con funzione di rinfrescatoi per bottiglie) e con composizioni policrome d’ispirazione arcadico-pastorale.

Manifattura Ginori, La raccolta delle pere, porcellana, 1760-1780 circa

Manifattura Ginori, Gruppo pastorale, porcellana, 1770-1790 circa

Manifattura Ginori, Gruppo galante con bambini, 1770-1790 circa

Tra le piccole sculture che vengono disposte sui cosiddetti surtout da dessert, ad ornamento delle tavole imbandite con dolci e frutta, merita un’attenzione particolare la serie degli ‘orientali’ o delle ‘turcherie’, una delle più riuscite prodotte a Doccia. La serie era composta da ventiquattro personaggi in costumi di diversi popoli dell’Impero Ottomano, modellati intorno al 1760 a partire da due principali fonti iconografiche: le tempere del pittore Jacopo Ligozzi − all’epoca nella biblioteca Gaddi di Firenze e oggi in parte pervenute al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi − e le incisioni tratte dal fortunatissimo Recueil Ferriol, una copia del quale è ancora oggi conservata nel fondo antico della biblioteca del Museo Ginori.
Il cosiddetto Ferriol, da cui derivano molti degli orientali di Doccia, è una raccolta di incisioni che  riproducono opere del pittore fiammingo Jean Baptiste Van Mour. Diffusa in molti paesi anche grazie a più economiche “edizioni pirata”, la raccolta ha avuto una grandissima influenza sulla moda e sulle arti figurative settecentesche. Tra le manifatture di porcellana che attingono a questo repertorio ci sono anche Meissen, Vienna e Copenhagen. L’interpretazione che ne dà la Manifattura Ginori resta però una delle più incisive per la qualità del modellato (solitamente attribuito a Gaspero Bruschi) e per la vivacità della decorazione pittorica.

Manifattura Ginori, Figura femminile in abito orientale con velo, porcellana, 1745-1750 circa

G. Scotin (incisore) da Jean Baptiste Van Mour, Femme Persienne, da Recueil de cent Estampes représentant les differentes Nations du Levant [...], Paris, Le Hay et Duchange, 1714, tavola 91

Frontespizio del cosiddetto 'Ferriol'

Negli ultimi decenni del Settecento, con l'affermarsi del Neoclassicismo, nella produzione delle principali manifatture ceramiche europee alla porcellana decorata subentra il biscuit, la cui superfice candida e opaca era particolarmente apprezzata per la sua somiglianza al marmo.

Consigli di lettura

  • L. Ginori Lisci, La porcellana di Doccia, Firenze 1963, pp. 31-39
  • M. Chilton, Harlequin Unmasked. The Commedia dell’Arte and Porcelain Sculpture, New Haven-London 2001
  • A. d’Agliano, Influssi orientali ed esotismo nella Manifattura Ginori a Doccia fra il 1737 e il 1765, in Fragili tesori dei principi. Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze, catalogo della mostra a cura di R. Balleri,  A. d’Agliano, C. Lehner-Jobst, Livorno 2018, pp. 43-59

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