L’opera appartiene a una serie delle Fatiche di Ercole descritta nel settecentesco Inventario dei Modelli della Manifattura Ginori come: “N. 65 Quattro forze d’Ercole, la prima con porco sulla spalla, la seconda che sganascia il leone, la terza con il cane Cerbero, la quarta con il cervio [sic], senza forme”. I quattro gruppi sono annotati senza l’indicazione del materiale e con la precisazione dell’assenza di forme. Informazione quest’ultima assai interessante, in quanto chiarisce che non sono stati eseguiti dalle maestranze della manifattura e esclude il loro impiego come modelli per la traduzione in porcellana.
In un’altra voce dell’Inventario viene descritto un Ercole con il globo provvisto di forme, da identificare nella settecentesca traduzione in porcellana Ginori variata in Atlante. Il modello di derivazione è da ricondurre nell’invenzione allo scultore fiorentino Pietro Tacca e non a Giambologna, come indicato nell’Inventario.
Nonostante vi siano dubbi sull’appartenenza di questo esemplare agli altri quattro Ercoli, in occasione della mostra La fabbrica della bellezza (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 2017), il nostro esemplare e altri tre calchi, pure in gesso, sono stati ricondotti da Dimitrios Zikos sempre al Tacca. Lo studioso li ha posti in relazione con la committenza del 1612 di Cosimo II de’ Medici destinata in dono a Enrico Federico Stuart principe del Galles (1594-1612), alla cui realizzazione presero parte il Tacca, Orazio Mochi e Andrea di Michelangelo Ferrucci. Nella mostra Oro bianco. Tre secoli di porcellane Ginori (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 2023), sempre Zikos, ha ribadito che l’unica testimonianza al momento nota di questa serie delle Fatiche è costituita dai nostri calchi e da due bronzi, a lui noti, dell’Ercole e il leone di Nemea e dell’Ercole e il cinghiale, che essendo in fase di studio ha prudentemente ipotizzato trattarsi di fusioni tarde.
I recenti restauri (2024) condotti da Gabriella Tonini e Louis D. Pierelli, sotto la supervisione della Direzione regionale Musei nazionali Toscana, nella figura del direttore Stefano Casciu e della funzionaria restauratrice Giulia Basilissi, hanno portato ad approfondire gli studi su questo argomento. Oltre a confermare l’importanza della raccolta di modelli del Museo Ginori per affinare le conoscenze sulle botteghe di scultori fiorentini sei-settecentesche, sulle committenze e sulla storia del gusto, le ricerche hanno rivelato la particolare fortuna dei gruppi dell’Ercole e il leone e dell’Ercole e il cinghiale. Di entrambe sono apparse sul mercato antiquario versioni in bronzo ottocentesche, mentre del solo Ercole e il cinghiale abbiamo testimonianza nell’attuale produzione della Fonderia Marinelli.